29.1.10

Dice che Jerome David Salinger























Dice che Jerome David Salinger è morto, all’età di 91 anni, il 27 gennaio 2010 a Cornish, New Hampshire. Dice che lo scrittore, nato a New York il 1° gennaio 1919, si è spento per cause naturali e che, come ha dichiarato il suo agente letterario Phyllis Westberg, la sua salute è stata eccellente fino a un repentino peggioramento dopo capodanno.
Autore di una manciata di libri e di una trentina di short stories, ha dato vita, tra gli altri, al mitico “Holden Caulfield”, il ragazzino di buona famiglia ribelle e un po’ sballato che scappa dal collegio e passa una notte a NY, e che poi si intrufola a casa dei genitori senza farsi scoprire, solo per salutare la “vecchia Phoebe”, l’amata saggia sorellina.
Dice che sono circolate da sempre pochissime informazioni sulla sua vita privata e letteraria. Dice che, partecipando allo sbarco in Normandia, conobbe Hemingway, allora corrispondente da Parigi, che dopo aver letto i suoi racconti disse “Gesù! Ha un talento straordinario!”. Dice che la guerra gli aveva procurato un esaurimento nervoso, e che si era fatto ricoverare in un ospedale militare in Germania.
Dice che qualche anno dopo, nel 1948, è uscita una delle sue più belle short stories, “A Perfect Day for Bananafish”, dove comprare per la prima volta il giovane Saymour Glass, militare in congedo con qualche rotella fuori posto, per cui il New Yorker, entusiasta, ha chiesto il diritto di prelazione su tutti i lavori futuri.
Dice che dopo il successo del suo primo romanzo, “The Catcher in the Rye”, uscito nel 1951, Salinger si è rifugiato nel New Hampshire, in una reclusione volontaria che si è conclusa con la sua morte.
Dice che nel 1955 ha sposato una studentessa, Claire Douglas, da cui ha avuto due figli Margaret e Matt, e dalla quale si è separato nel 1966.
Dice che l’ultimo racconto, “Hapworth 16, 1924”, è uscito nel 1965 sul New Yorker, (in Italia in una edizione “pirata” edita da Eldonejo), e da allora più nulla: né interviste, né pubblicazioni, né apparizioni pubbliche. Solo il silenzio.
Persone vicine al suo agente avrebbero parlato dell’esistenza di una cassaforte piena di manoscritti inediti da pubblicare solo dopo la morte.
Dice che nel 1987 Salinger è riuscito a bloccare, ma solo temporaneamente, l’uscita della biografia non autorizzata “In Search of J.D. Salinger”, di Ian Hamilton, e nel 2009 il “finto” sequel “60 Years Later: Coming Through the Rye”, scritto da un anonimo JD California.
Dice che in molti hanno provato, senza successo, a portare sullo schermo la stramba notte di Holden Caulfield (Billy Wilder, Harvey Weinstein, Steven Spielberg, Jack Nicholson, Tobey Maguire, Jerry Lewis), ma che solo Sean Connery ha impersonato un scrittore recluso in “Finding Forrester”, ispirato a lui (e a William Burroughs!).
Dice che per molti anni si è pensato che potesse celarsi Salinger dietro la firma dell’altro grande “mistero” della letteratura americana, Thomas Pynchon.
Dice che uno stralunato e sornione Salinger fa la sua apparizione durante una partita di baseball (suo grande amore), ma solo nel romanzo “Shoeless Joe” di William Kinsella, pubblicato in Italia da una nuova piccola casa editrice.
Dice che nel 1990 Francesco De Gregori ha intitolato il suo album live “Catcher in the Sky”, e che Francesco Guccini cita il “Prenditore” nella canzone “La collina” del 1970. E dice che i Green Day hanno scritto la canzone “Who Wrote Holden Caulfield?”, e i Guns n Roses addirittura “The Catcher in the Rye.”.
E che dire di “The Catcher in the Rye”? Un capolavoro di romanzo di formazione, definito dall’autore addirittura come “una sorta di autobiografia”, un inno alla ribellione e all’inquietudine di chi sta per diventare grande.
Uscito in Italia in una prima traduzione nel 1952 con il titolo di “Vita da uomo” (Ed. Casini), e poi presso Einaudi con una discussa traduzione dell’allora ufficio stampa delle Autostrade Adriana Motta, dice che ha fatto scomodare Italo Calvino con una nota in apertura per spiegare i problemi di “intraducibilità del titolo”, che storpia una poesia di Robert Burns, e che l’“acchiappatore” è il “catcher” del baseball (che, con guantone, corazza e maschera afferra le palle che sfuggono al battitore), e il “rye” è il campo di segale che si fa fermentare per ottenere il whisky.
Racconto in presa diretta fatto da un irresistibile antieroe, un disadattato di lusso con cui tanti adolescenti si sono identificati, “Il giovane Holden” è stato immediatamente accolto in tutto il mondo come il grido soffocato contro il conformismo degli adulti e l’ipocrisia delle regole della società. Dice che il libro, tutt’ora malvisto da molti, è stato vietato nelle scuole per il suo linguaggio scurrile (“goddam”, “fuck”) e per alcune situazioni “disdicevoli” (l’incontro di Holden con la prostituta).
E dice che Mark David Chapman, subito dopo aver sparato a John Lennon l’8 dicembre 1980, si è fatto arrestare mentre leggeva una copia del romanzo, dicendo di essere stato “ispirato” dal giovane Holden Caulfield.
Dice che qualche anno fa gli scrittori Sandro Veronesi e Alessandro Baricco (che al ribelle che scappa da scuola ha curiosamente dedicato una scuola) hanno proposto a Einaudi una nuova traduzione “aggiornata”, senza però riuscire nell’intento. E dice che il “problema” della traduzione non sta tanto nello slang, che la traduttrice ha reinventato con risultati a tratti sorprendenti, quando in una traduzione completamente “fuori fuoco” della terza persona inglese “you” (il giovane Holden racconta a qualcuno cosa gli è successo negli ultimi tempi, ma, stando alle dicerie, non starebbe parlando ai lettori generici, quando allo strizzacervelli, perché l’hanno rinchiuso in clinica. La terza persona singolare e plurale, in inglese, fa sempre “you”, ma il significato cambia di molto…)
Ora Salinger è morto, anche se siamo in tanti ad aver pensato che fosse immortale. E io devo probabilmente a lui se sono diventato uno scrittore. Ci lascia un ansioso meraviglioso interrogativo senza risposta: dove vanno a finire le anatre, d’inverno, quando il laghetto di Central Park è ghiacciato? Migrano? C’è qualcuno che le porta via in un posto più caldo? Svaniscono? Muoiono o rinascono?
Bah. Uno dice poi la vita...



“I live in New York, and I was thinking about the lagoon in Central Park, down near Central Park South. I was wondering if it would be frozen over when I got home, and if it was, where did the ducks go? I was wondering where the ducks went when the lagoon got all icy and frozen over. I wondered if some guy came in a truck and took them away to a zoo or something. Or if they just flew away”.