8.1.14
7.1.14
Il suono del deserto
Los Angeles, Gram Parsons e l'albero di Giosuè
(pubblicato da Mucchio Extra n.40)
Odierete Los Angeles
Questa è una storia di musica e parole, e comincia dopo la mia nascita: 1973. Io ho poco più di sei mesi di vita quando Gram Parsons muore di overdose di morfina e alcol nella stanza numero 8 del Joshua Tree Inn. Personaggio chiave per capire l’evoluzione di buona parte del rock americano prodotto da quattro decenni a questa parte, Parsons ha 26 anni quando il suo cuore si ferma. Con la sua grazia, e la voce da angelo maledetto, ha sdoganato la musica country facendola uscire dai rigidi confini del genere, influenzando molti musicisti, uno su tutti il suo “gemello” Keith Richards.
(continua)
La poesia psichedelica di questo menestrello lascia senza parole, come la sua musica, che viene dal passato ed è suonata con strumenti d’epoca, ma è la più sexy che abbia sentito da molto tempo a questa parte. E Jonathan Wilson ride, quando glielo dico. “La musica sexy è buona musica, la musica che piace alle donne è ovviamente la musica migliore...”.
(continua)
Polvere,
asfalto, cemento, petrolio, carcasse
di ferro arrugginite. Mangiamo tacos salatissimi e beviamo acqua da
bidoncini da un gallone, ascoltiamo
una radio satellitare che spara
Johnny Cash, Elvis e Roy Orbison.
Ogni luogo ha la sua musica, che
vive di paesaggio, di motel da
quattro soldi, di banconi di saloon, di
strade perdute e viaggi senza meta.
“Era sempre talmente fuori che cominciai a chiamarlo Gram Richards”, racconta Pamela Des Barres, la groupie numero uno di Los Angeles. Dopo l’incontro londinese, i due si rivedono a Los Angeles, quando Mick e Keith, con l’allora fidanzata Anita Pallenberg, arrivano per mixare Beggars Banquet con Jimmy Miller in consolle. Keith e Anita passano un sacco di tempo insieme a Gram, che li porta in gita nel suo posto preferito, il Joshua Tree National Park, a un paio d’ora dalla città. Sono strafatti di coca, mezzi nudi e suonano la chitarra in attesa degli Ufo.
(continua)
Pubblicato da vittorio bongiorno alle 18:23 0 commenti
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