14.4.09

Dice che “Palermo Shooting”...























Dice che “Palermo Shooting”, l’ultimo film di Wim Wenders, è stato massacrato così tanto dalla critica alla sua prima visione al festival di Cannes del 2008 che nelle sale italiane o non è mai arrivato, o se c’è stato, dopo un paio di giorni è stato “smontato”.
Dice che il film, nato dall’iniziativa di un professionista locale che aveva pensato a Wenders per un film sulla città, ha ben poco di “promozionale” su Palermo, ed è l’ennesimo caso di grande film osteggiato dagli italiani perché “parla male dell’Italia”, cosa che è già successa in passato con i lavori di Ciprì&Maresco e con “Gomorra” di Matteo Garrone (praticamente quasi le uniche cose buone del cinema italiano).
Dice che, protagonista del film, è il fotografo Finn che, in crisi esistenziale e dopo uno scampato incidente d’auto in cui vede in faccia la morte, lascia Düsseldorf per andare a Palermo per uno scatto fotografico, ma poi ci resta.
Dice che il film risente in alcuni passaggi del canovaccio di sceneggiatura con cui è stato girato, ma che in molte parti abbaglia per la sua poeticità e per il suo personalissimo sguardo sulle cose e sulla realtà: la percezione esistenziale del fluire del tempo, lo “scatto” definitivo che cattura la realtà, il rapporto con la morte, la morte come nuova vita sono alcuni dei grandi temi trattati dal grande regista tedesco in un film che, sempre di più, assomiglia al suo personalissimo sguardo in soggettiva sul mondo.
Dice che il film, girato e fotografato meravigliosamente in una Palermo sempre più (de)cadente ma sempre affascinante, mescola il Barocco sfolgorante di certi scorci e la “munnìzza” colorata della Viccuria in un continuo rimando sulla morte, adagiandosi su un meraviglioso tappeto sonoro che va dai Grinderman del fido Nick Cave, all’amico Lou Reed (che compare “fantasma” in una scena), dai Calexico, ai Portishead, e, curiosamente, alla bellissima “Quello Che Non Ho” di Fabrizio De André (di cui Wenders dice di essere grande fan).
Dice che il protagonista di questo film ricorda da vicino la protagonista del capolavoro incompiuto “Fine alla fine del mondo”, sempre sfuggente e inafferrabile, e cita “Professione Reporter” e “Blow Up” di Michelangelo Antonioni e “Il Settimo Sigillo” di Ingmar Bergman. Dice che il capolavoro del regista svedese è evocato in una magistrale scena girata all’interno del suggestivo Archivio Storico di Palermo, in un dialogo struggente tra il fotografo e la morte, magistralmente interpretata da un ispiratissimo Dennis Hopper.
Dice che il film è dedicato proprio ai due grandissimi Maestri, morti lo stesso giorno (30 luglio 2007), e che tale atto di amicizia ha fatto inspiegabilmente storcere il naso a molti critici.
Dice che Campino (pseudonimo di Andreas Frege), il protagonista del film, è il cantante del gruppo rock tedesco Die Toten Hosen, ed è in quasi tutte le scene con le cuffie del telefonino-mp3. E dice che in una scena, mentre vaga per la città, incontra una fotografa con un “famoso” taglio di capelli a caschetto, Letizia Battaglia, lo storico “occhio” che ha immortalato quarant’anni di morti di mafia a Palermo.
Dice che il film è importante e bello, e che ai palermitani, ovviamente, non è piaciuto, perché non ci hanno visto nulla di ciò che ci volevano vedere: ma “Palermo Shooting” è lo sguardo più “vero” e lirico per raccontare una città che con la Morte ha a che fare quotidianamente.

“Io ascolto sempre le storie che i posti voglio raccontare, e Palermo mi ha scelto per svelare la sua.” Wim Wenders

http://www.youtube.com/watch?v=eEidp7_VzQ4&eurl=

http://www.flickr.com/photos/s3ra/sets/72157608510827515/

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