25.10.09

Dice che Nick Cave...

















Dice che Nick Cave ha letto pagine del suo ultimo romanzo, “The death of Bunny Murno”, suonato brani dal suo vastissimo repertorio, scherzato col pubblico, abbracciato fan, risposto alle loro domande, e firmato centinaia di autografi a Milano giovedì scorso. Dice che al Teatro Dal Verme c’erano migliaia di persone, e il musicista e scrittore australiano ha regalato un’esibizione straordinaria.
Dice che la lettura è stata accompagnata da video minimali, qualche foto, e soprattutto da basi musicali a cura del fido Warren Ellis. E dice che tra una pagina e l’altra accanto a Cave sono saliti sul palco il barbuto violinista e l’impassibile bassista Martin P Casey. Dice che, anche se erano solo in tre, “Red Right Hand”, “Loverman”, “God is in the house”, “Are You The One I’ve Looking For” e “The Ship Song” hanno brillato di una forza inimmaginabile: il Fender Precision di Casey ha affilato note taglienti come rasoi, e l’immenso Warren Ellis, in mocassino e calza bianca corta, si è sbracciato suonando violino, mandolino elettrico, chitarra acustica, loop e batteria, spesso contemporaneamente.
«Tutto a posto? C’è altro ancora? Qualche altro autografo?», ha ripetuto un disponibilissimo Nick Cave alla fine dello show ai fan che non lo volevano abbandonare.
Dice che di recente è uscito un doppio cd, “White lunar”, bellissimo, in coppia con Warren Ellis, che raccoglie le musiche per i film prodotte dai due negli ultimi anni. E dice che, in attesa dell’uscita di “The Road”, tratto dal capolavoro di Cormac McCarthy, Cave ha scritto una nuova sceneggiatura, “The Wettest Country in the World”, tratta da un romanzo di Matt Bondurant, sempre per la regia del “compagno di viaggio” John Hillcoat, già autore dell’abbagliante “The Proposition”.
Dice che alla fine dell’evento milanese ho allungato timidamente a Nicola Caverna una copia del “Bravo figlio”, e che lui l’ha passata a un assistente che reggeva già un mazzo di rose regalato da una fan, e che ho detto all’assistente «…mi raccomando, non lo buttare».

http://www.thedeathofbunnymunro.com/

http://www.youtube.com/watch?v=wUk17xA5xX4

http://www.youtube.com/watch?v=TRtijhYSMpQ&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=ygR59z0_rsw&feature=related

19.10.09

Dice che Edda...









Dice che Edda è uscito dal gruppo, proprio come John Frusciante, e non ci è mai più rientrato. Dice che voleva morire, ma non ci è riuscito. Dice che dopo tredici anni di silenzio è ricomparso, più vecchio, più grasso, senza capelli, e ha fatto un disco solita, “Sempre biot”, che è bellissimo.
Dice che all’apice del successo con i Ritmo Tribale, la rock band italiana più importante degli anni ’90 (quando il rock italiano non si sapeva nemmeno cosa fosse), li ha abbandonati, incapace di sostenere quella vita, e si è dedicato «in maniera professionale all’eroina», come dice lui. Dice che Edda, per scappare dalla droga, era diventato Hare Krishna, era andato a Londra, poi era tornato a Milano, aveva ripreso a cantare con i Ritmo Tribale, ma non ce l’ha fatta. Poi era scomparso.
Dice che in molti, compreso il sottoscritto, pensavano fosse morto. «Credo nella reincarnazione come punizione. Spero di rimanere sulla terra al massimo per un’altra vita», dice lui oggi.
Dice che dopo una vita è ricomparso, nel 2008, su You Tube, con dei video in cui suonava le sue canzoni voce e chitarra, accompagnato da Walter Somà, coautore di alcuni brani, e Andrea Rabuffetti. E dice che quei video avevano incuriosito l’etichetta Niegazowana, che gli ha proposto di fare l’album “Sempre biot”.
Dice che il disco è straziante, una gemma grezza inascoltabile per la sua bellezza e semplicità: voce, chitarra acustica e poco altro (tra gli altri, i “celebri” Alessandro Asso Stefana e Mauro Pagani).
Dice che le ballate, spesso semplici e scarnificate da inutili orpelli, toccano il cuore con la voce di Edda e i testi no-sense metropolitano: una specie di Rino Gaetano punk in overdose.
Dice che dopo il primo mitico introvabile “Bocca chiusa” dei Ritmo Tribale le case discografiche avevano proposto alla band contratti e futuro, ma senza “quel” cantante così “strano”, che cantava con una voce stridula che non si capiva se era maschio o femmina, e non si capiva soprattutto cosa diceva, perché gridava e si mangiava le parole. Ma dice che Edda è stato capace di raccontare come nessun altro il passaggio dai “dorati” anni ’80 ai buissimi anni ’90. E che la band, amatissima, ha continuato senza di lui per uno o due album, per poi scomparire.
Dice che Edda è citato nella canzone degli Afterhours “Come vorrei”, dall’album “Hai paura del buio?” (1997), e che è stato invitato proprio da Manuel Agnelli ad aprire un loro concerto.
Dice che di recente è stato invitato alla trasmissione “L’Era glaciale” di Daria Bignardi, in coppia con Andrea de Carlo, e che si è presentato con la maglietta della ditta di ponteggi per cui ora lavora.
Dice che a me, nell’altra vita, aveva regalato una collanina Hare Krishna che ora non trovo più.

Sapessi com’è strano
essere tossicodipendente di Milano
bucarsi tra la gente
che ti guarda e dice ‘sto deficiente è di Milano
quand’è che vado in Inghilterra
quand’è che me ne vado dalla terra…


http://www.myspace.com/stefanoeddarampoldi