21.1.08

London diary (cap.II-part1)













All’improvviso tutti applaudono, ma solo alcuni delle prime file. Gli altri, me compreso, non hanno capito cos’è successo. E infatti è un applauso silenzioso, sghembo, un mezzo applauso strappato alla morte. Io stesso cinque minuti prima penso sia la fine, e invece il pilota trova il modo per atterrare. Mi dirigo verso l’uscita e chiedo alla hostess bionda carina se siamo a Bologna o Forlì, e quella manco lo sa, si consulta con l’altra hostess col “tuppo” mentre da dietro già mi spingono per scendere, e siamo già a Bologna, invece che Forlì dove saremmo dovuti essere. “Atterraggio d’emergenza” non ha fatto altro che ripetere la distinta signora ingioiellata davanti a me, parlando con gli altri passeggeri e al telefono coi suoi familiari: gli italiani hanno una predisposizione per parlare di “tragedia”, di “disastro”, di “allarme”. Poi quando la vera tragedia li colpisce, piangono e pregano…

Sugli autobus e nella subway di Londra c’è la pubblicità “TRUST YOUR SENSES”, molto “british”, contro il terrorismo: “IF YOU SEE OR HEAR ANYTHING SUSPICIOUS TELL OUR STAFF OR THE POLICE IMEDIATELY”. firmato “7 million londoners”. Molto discreta, “understatement” lo chiamano qua, senza dare troppo nell’occhio, senza fare tanto casino come farebbe la distinta signora ingioiellata…

O. mi regala, tra le mille altre cose, il libro delle nuvole di John “signore delle nuvole” Day (www.cloudman.com), l’uomo che ha dedicato la sua vita allo studio di queste cose strane che stanno sopra la nostra testa e che ci fanno stare bene e male. Dipende dai casi. Di sicuro fanno pensare: mi sveglio sopra Bologna, mooolto sopra, praticamente vicino al sole, perché non c’è modo di atterrare, e quello che vedo è uno dei paesaggi più spettrali e affascinanti che abbia mai visto… Mi sembra di essere finito “dentro” il mio romanzo…

A Londra, benché sia metà gennaio, le femminotte vanno in giro mezze nude: niente calze, abitini leggeri e gonne cortissime, indossano ballerine sformate dai piedi cotti dal freddo, “spurmunàte”. Infatti K. ha ancora un po’ di tosse, dall’anno scorso a giugno quando, con gesto mooolto galante, le ho offerto il mio spolverino. E di gesti galanti ne sa qualcosa il mio amico e “maestro di flirting” M.G., grazie al quale tutto è cominciato. Fuori dall’Istituto di Cultura Italiano (dove oggi l’età media sì è notevolmente abbassata ai sessanta anni…) racconta l’ennesima storia meravigliosa sul suo cappellino a righe perso nella subway che da sola vale un romanzo…

Il Deka presenta all’Istituto di Cultura il suo “Crimini” tradotto dalla Bitter Lemon Press: si presenta con la barba lunga e un inglese perfetto, ed è bravissimo e io sono sempre più orgoglioso di essergli amico. Dice cose interessanti, come al solito, e le dice bene. Accanto a me una signora di una certa età comincia pure a prendere appunti sul noir mediterraneo e sull’italian new wave, ma poi le cade la testa e rimane così per tutto il tempo, fino alla fine…

T. non c’ha una lira, fa quattro lavori, e mi fa innumerevoli regali di compleanno. Come se non bastasse, ricompra una trentina di ostriche, perché quelle portate dalla Bretagna dalla sua amica e il fidanzato criminale sono andate a male. Me le apre una a una, e allora ci ingozziamo, alla faccia della povertà di portafogli e di spirito, e beviamo una cassa di Cuvée che offro io (almeno quello!), in modo da perdere il controllo quasi subito e fare svariate figure di merda col direttore dell’Istituto di Cultura (“Ciao Giancarlo”, “Veramente sono Pierluigi”…) e altri. Però ridiamo, e chissenefrega, ridiamo sguaiati, ma noi non siamo sguaiati, siamo solo felici (“I have no wor(l)ds… non ho mondi…”, “Cigni o oche…” e cose così), e festeggiamo il compleanno più bello della mia vita. Come disse il “poeta” Vincent Cassel, «…fino a qui tutto bene…»

Faccio una dedica sulla copia di “The Road” per zia C, con tutto il mio cuore, e sbaglio ortografia. Ma, pur sbagliando, lei non ce la fa a bacchettarmi, perché mi adora, e trova anche nel mio errore l’ennesimo modo di volermi bene. Tanto che V. mi fa, prima di partire: «sono gelosa, per me tutto questo non l’ha mai fatto…». Ma come si fa a non volere bene a persone così? Come fai a non essere felice del “fino a qui tutto bene” anche quando il pilota dice che non riesce ad atterrare? Come fai?


to be continued-

1 commento:

Anonimo ha detto...

caro vittorio, passo qui per salutarti, e leggo che sei anche vivo e atterrato.
questo mi fa piacere.
volevo lasciarti un pensierino natalizio, in ritardo. un bacio.

http://www.kelleradv.it/blog/klog/2007/02/